E SE TORNASSIMO AI BACI PERUGINA?
- Mirea Longu
- 11 feb
- Tempo di lettura: 4 min
Definire l'amore è un’impresa non da poco, poiché è un sentimento soggettivo che porta certamente uno sconvolgimento emotivo e logico-razionale in chi lo sperimenta. Quel che è certo è che prevede una forte attrazione - sia questa fisica o mentale - che alimenta una connessione energetica con l’altra persona.
La Generazione Z vive l’amore in modo diverso rispetto alle generazioni precedenti, in modi che riflettono inevitabilmente il contesto sociale e culturale in cui essi sono cresciuti: l’amore digitale è pienamente sdoganato, tant’è vero che ormai la talking stage (quella fase iniziale di conoscenza via chat) è ormai la prassi più consueta.
Per noi adolescenti è inconcepibile un mondo senza cellulari e social network, e questo ha cambiato radicalmente il modo in cui viviamo le relazioni. Sono proprio i social media ad essere diventati strumenti quotidiani per restare in contatto con il mondo, conoscere nuove persone e coltivare relazioni.
Le conversazioni avvengono tramite chat, gli approcci con un segui o un like: la validazione della propria persona e della propria immagine è social e le interazioni online assumono un significato determinante. Ed è qui che anche l’amore cambia volto: riesce ad essere allo stesso tempo effimero e prepotente, intensissimo e fugace…
Gli spazi di aggregazione sono sempre meno e la scuola rimane uno tra quelli più gettonati, tanto che sono emerse su Instagram le pagine “spotted” dove è possibile manifestare un incognito interesse per una persona, in modo da cercare un primo contatto in DM, dopo essersi sincerati che la persona sia disponibile ad essere “avvicinata”.
Un approccio che dimostra certamente molto meno coraggio rispetto al passato: siamo sicuramente più ansiosi nel primo contatto con nuove persone e più insicuri ai primi appuntamenti, perché somatizziamo preventivamente il timore del rifiuto che, ad oggi, è senza dubbio una delle barriere più significative.
Se per le generazioni precedenti il primo approccio avveniva di persona, a cui seguiva magari una telefonata o un date (sì, ad oggi li chiamiamo così gli “appuntamenti”…) ora tutto è più immediato, ma anche più evanescente. Le relazioni cominciano e finiscono con un messaggio e, nella peggiore delle ipotesi, si viene addirittura ghostati. Per non parlare inoltre di quelle circostanze per cui si rimane appesi a un filo: dopo periodi di totale assenza, c’è qualche anima che ogni tanto fa partire dei like, una risposta alla storia o a una nota, senza però mai avviare delle conversazioni degne di essere chiamate tali.
Gli incontri in modalità digitale hanno cambiato la comunicazione: si è sempre più attenti ad analizzare chi comincia e finisce la conversazione, la lunghezza dei messaggi, l'uso della punteggiatura, il gergo, le eventuali emoji, la frequenza dei messaggi e i tempi di risposta, che diventano così degli indicatori per giudicare il potenziale interesse prima ancora di un incontro vis à vis. Si è continuamente vincolati dall’ipotetico giudizio di chi si cela dall’altra parte dello schermo, dalla paura di risultare cringe, dal dire o fare qualcosa di sbagliato… Insomma, qualsiasi piccolezza che, di punto in bianco, potrebbe compromettere la conoscenza.
Nonostante tutto, c’è un aspetto fondamentale che resta immutato: la ricerca dell’autenticità. Sono molti i giovani della Gen Z che sembrano essere alla ricerca di connessioni sincere e genuine. Se i social, tra filtri e pressione alla perfezione, offrono una visione distorta della realtà, i ragazzi di oggi vogliono anche sentirsi liberi di mostrare chi sono davvero, entrando in relazioni che permettano di crescere, di esplorare, e, soprattutto, di restare aderenti alla propria identità. Eppure, questo desiderio di autenticità può anche sembrare paradossale, considerando quanto il mondo virtuale influisca sulle dinamiche relazionali, dove a volte è difficile distinguere tra ciò che è reale e ciò che è solo un’immagine costruita.
Siamo sicuramente disincantati e più pragmatici: tendiamo a vedere l'amore come qualcosa di dinamico e aperto, senza necessariamente etichettarlo o incasellarlo in una definizione rigida. Questa generazione è cresciuta con una maggiore accettazione delle identità sessuali e di genere, il che implica una visione dell’amore più tollerante e più inclusiva: le relazioni non convenzionali sono sempre più comuni e accolte, perché l’amore non è più solo limitato da determinati confini. Molti giovani si sentono più liberi di esplorare diverse forme di legame, che possono essere più flessibili, ma al contempo forse più difficili da gestire emotivamente.
In questo scenario, San Valentino assume significati diversi a seconda di chi lo vive. Per alcuni può essere solo una scusa per scambiarsi messaggi dolci, per altri un'occasione per riflettere su quello che vogliono davvero da una relazione e cosa significhi essere innamorati oggi, plasmati e pressati dalla routine del mondo virtuale in cui viviamo. Le cene romantiche, un bouquet di fiori o una confezione di Baci Perugina possono sembrare antiquati o, al contrario, qualcosa di molto desiderato, simbolo di una connessione tangibile in un mondo virtuale sempre più intangibile.
Ma c'è anche una parte della Gen Z che riflette sul concetto di amore più in generale, con tutte le sue sfide: non solo la paura di essere ghostati che abbassa la già precaria e discussa autostima, ma la difficoltà nel comunicare in modo diretto con il timore di non essere capiti o di non riuscire a trovare qualcuno che veda oltre l’immagine proiettata sui social.
Il peso è tale per cui si eleva il rischio di assumere un comportamento evitante verso una potenziale relazione: consapevoli della propria vulnerabilità emotiva, la paura di non esser pronti ad affrontare una relazione, sollecita ad optare per la solitudine.
Così, in un mondo che va veloce, dove le relazioni sono spesso "accelerate", anche un giorno come San Valentino, carico di desideri, di condivisione e aspettative romantiche, può trasformarsi in un’opportunità di riflessione su cosa significhi, oggi, amare e essere amati.
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