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LA CONFERENZA DI SERGEY LAVROV

Recentemente è stata tenuta un’importante conferenza del Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, il quale in risposta alle molteplici domande poste dai media ha delineato con precisione la strada che seguirà la diplomazia della Russia in questo inizio del 2025, dando spazio ad interpretazioni della realtà molti diversi dalla narrazione occidentale di massa. Punti cardine del discorso sono stati il conflitto fra civiltà e la concorrenza economica fra due grandi potenze della scena internazionale, il blocco USA e quello della Madre Russia. Lavrov ha esordito sottolineando il serrato confronto fra i veri sostenitori dei principi fondamentali della legge internazionale, nonché difensori del documento attualmente più importante valido a livello globale e sottoscritto da quasi tutti gli Stati del mondo, l’UN Charter, in opposizione a tutti quei paesi occidentali che non sono soddisfatti di taluni principi e rifiutano la possibilità di un mondo veramente multipolare, dove nessuno stato eserciti egemonia politica ed economica sugli altri, un fenomeno che le istituzioni europee conoscono bene ed applicano calpestando l’autonomia dei singoli Stati membri. Il ministro si è poi soffermato sulle motivazioni che hanno portato all’operazione in Ucraina, considerata dal popolo russo come una guerra voluta dai regimi dell’ovest, i veri responsabili del conflitto. La causa è da ricercare nella volontà di sopprimere e indebolire geopoliticamente la Russia, rivale principale di USA ed Europa, siglando accordi ai confini militari del paese, in territori con zone ad alta tensione e molti di essi a prevalenza russofona, per avere una posizione strategica di primo livello e svalutando la politica estera di Putin. La seconda grande ragione del conflitto è da ricercare nella storia regionale delle terre contese, dove la popolazione è in prevalenza russa ed è da decenni oppressa dal regime Ucraino, rifiutando così la sua stessa esistenza, con la volontà di unirsi alla Russia. I numerosi attacchi delle formazioni ucraine ai cittadini russi intrappolati in quei territori, è stata a tutti gli effetti un’offensiva pilotata dall’Europa e dai padroni americani. La paura della crescente ed emergente economia e la costituzione di nuovi centri finanziari come Cina, India, Paesi Arabi e soprattutto Russia, tormenta gli atlantisti. L’ultima mossa politica atta a colpire i ricavi russi dalla vendita del gas in Europa è il blocco del transito di esso attraverso l’Ucraina, dove il governo Zelensky non ha rinnovato il contratto con la multinazionale Gazprom. L’obiettivo dichiarato è di danneggiare finanziariamente la Russia, ma mentre il rublo regge e sopravvive, noi europei (e prima di tutto italiani) soffriamo l’aumento dei costi del gas e della luce, proprio perché non potremo più avere a disposizione l’economica energia del “nemico” russo. In prima linea per sopperire a questa mancanza sono accorsi i benevoli Usa, con il loro costosissimo gas. Gli Stati Uniti temono la competizione economica dei BRICS, in particolare nel settore energetico, dando sanzioni (assieme ai servi alleati) a manetta contro tutti quei paesi che sfidano la loro egemonia, distruggendo qualsiasi lealtà di competizione economica pur di giungere alla sconfitta degli avversari. Il rivale della Russia è dunque un Occidente che si sente grande, espressione della più pura democrazia e con un’autorità che gli conferirebbe impunità totale sulle sue azioni, imponendo una velata dittatura arrogante e sprezzante sul resto del mondo, governata dall’ipocrisia. Toccata durante la conferenza la necessità di riformare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, accusato di non dare abbastanza importanza ad alcuni paesi che hanno ormai una responsabilità globale, politica, economica e militare e quindi dovrebbero essere più coinvolti tramite le loro rappresentanze a questo organo internazionale. Esempi lampanti sono i già citati India e Brasile, che secondo la classe politica russa, dovrebbero avere maggior peso come membri permanenti. La Russia è inoltre aperta ad eventuali sviluppi sul fronte Ucraino, esaminando con attenzione le mosse del presidente americano Donald J. Trump che ha promesso una pace rapida e giusta, ma deve essere predicata calma, aspettando di vedere realmente dei fatti “sul campo”. Un’apertura verso la pace, la risoluzione del conflitto e delle ostilità è un’opzione concreta e voluta. La speranza è che il neo-eletto inquilino della Casa Bianca migliori le relazioni diplomatiche con la Russia, a partire dalla discussione di alcune vicende controverse come il danneggiamento dei cavi nel Mar Baltico (probabilmente ad opera della Nato) che ha cercato di colpire l’export del petrolio russo, per favorire (pensa un po’ ) i commerci statunitensi. Le possibilità di instaurare rinnovati rapporti diplomatici con il paese degli zar deve essere presa in considerazione seriamente, tralasciando la propaganda anti-russa ed alimentatrice di odio fra popoli, che dovrebbero essere uniti in un’alleanza globale ed umanitaria dove ciascuno rispetti la sovranità dell’altro e la sua indipendenza economica. Se non lo vorrà fare l’Unione Europea o, ancor meno probabile, la Nato, l’Italia dovrebbe rinvigorire l’amicizia che scorre fra le vene dei nostri cittadini ed i russi, avanzando insieme sul piano culturale senza contrasti bellici, ridando valore alle relazioni politiche tra le nostre classi dirigenti, che non si devono più considerare nemiche ma sorelle ed avanzare verso un destino comune.

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