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DEMIAN, ESSE

A quattro mani

Articolo di Angelina Dionigi e Rossella Agostino Giammillari 


- Demian e la tragedia greca - I due mondi e l’anfibologia 


«La vita di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l’accenno di un sentiero. Nessun uomo è mai stato interamente lui stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità»


L’uomo enigmatico protagonista della tragedia greca è l’uomo universale, l’uomo contemporaneo, e il concetto di uomo che ritroviamo anche in Demian

Principalmente un uomo che crede di conoscersi, di comprendersi, di avere controllo sul proprio destino, ma che in realtà si ritrova a essere un ‘lupo della steppa’ , in bilico tra ‘due mondi’.

Ed è proprio dei due mondi di Demian che oggi voglio parlare e in particolare della loro relazione con il concetto di anfibologia greca.

Con anfibologia si intende la doppia valenza di fatti, di concezioni o concetti in base a determinate situazioni/motivazioni. Una sola cosa, un solo fatto, una sola riflessione, può assumere due valori anche opposti se guardata con chiavi di lettura differenti. 

Nella tragedia greca l’anfibologia è onnipresente, si applica al concetto di ragione, di disegno divino e di catastrofe: la ragione, strumento indiscusso dell’uomo e in cui egli ha fede cieca, si rivela sempre insufficiente e quindi si finisce per assistere al fenomeno dell’impotenza della ragione umana di fronte ad una forza superiore; il disegno divino, qualcosa di già segnato e indelebile, è ciò che l’uomo scopre di seguire solo in un secondo momento, e che causa quindi la sfiducia nella ragione; la catastrofe, che per quanto significhi e comporti uno sconvolgimento completo dell’ordine, porta anche, alla fine, ad un ordine nuovo, diverso dall’originale, ma che permette di raggiungere il fine ultimo della tragedia, soddisfando la necessità interna degli spettatori.  


In Demian l’anfibologia potrebbe applicarsi al concetto dei due mondi, introdotto proprio all’inizio del romanzo. 


«Due mondi vi si confondevano e da due poli arrivavano il giorno e la notte.

Uno di quei mondi era la casa paterna, ma era un mondo ristretto [...] di esso faceva parte un mite splendore, e chiarità e pulizia, [...] vi erano linee diritte e strade che portavano all’avvenire; [...] a questo mondo bisognava attendersi affinché la vita fosse limpida e pulita, bella e ordinata. L’altro mondo, invece, incominciava nella nostra stessa casa ed era tutto diverso, mandava un altro odore, parlava diversamente, prometteva e pretendeva cose diverse. In questo mondo c’erano fantesche [...], storie di spiriti e voci di scandalo, ubriachi, racconti di furti e assassini. [...] Dappertutto pullulava e odorava quel secondo mondo violento [...]»


I due mondi vengono descritti in netto contrasto, ne vengono delineate chiaramente le differenze e Hesse sottolinea implicitamente come entrambi attraggano, allo stesso modo ma per motivazione opposte, il protagonista. 

Molto spesso, se non quasi sempre, all’interno del romanzo Sinclair oscilla tra il voler ‘scoprire’ il nuovo mondo a lui sconosciuto e il voler ‘tornare’ ad appartenere ad un mondo quando capisce di star vivendo nell'altro. E’ attratto allo stesso modo da entrambi i mondi, ma una volta che ne ‘afferra’ uno, rimpiange di averlo desiderato in precedenza. 


«Il fatto più strano era che i due mondi stavano vicini tra di loro e si toccavano»


Hesse definisce ‘strano’ il fatto che i due mondi siano in strettissima relazione tra loro. 

Ed è qui, infatti, che nasce la questione: fino a che punto è possibile tracciare le linee di confine precise che descrivo e racchiudono i due differenti mondi? E’ forse Sinclair, e l’essere umano in generale, capace di farlo, capace di tracciare queste linee? Questa netta distinzione in due opposti non è forse causata dalla necessità umana di cercare di controllare e dominare il proprio destino? 

Sinclair dice di iniziare il suo racconto partendo da un evento accadutogli durante l’infanzia che ha causato «una crepa nei pilastri che avevano sorretto la sua vita infantile e che ogni uomo deve abbattere prima di diventare se stesso». Ma il suo non è forse un tentativo nato da un’incomprensione profonda della sua stessa situazione? Egli ha avuto bisogno (così come ne hanno bisogno i lettori, inclusa me, per comprendere questo libro) di etichettare e delineare due mondi distinti, in modo da poterli inquadrare e illudersi di conoscerli. Perché di fatto, leggendo questo romanzo, ciò che traspare è l’impossibilità di comprendere completamente i due mondi.

Di fatto il protagonista ha separato in due parti, dividendo drasticamente, due facce della stessa medaglia, ha scoperto la doppia valenza anfibologica del mondo ed ha deciso di inquadrarla. 

Una doppia valenza, perché i due mondi sono così ‘stranamente’ in contatto da non riuscire ad esistere l’uno senza l’altro. Il primo acquista valore nel momento in cui si riconosce il secondo e quest’ultimo, di conseguenza, prende valore grazie al fatto che viene riconosciuta l'esistenza del primo. 

Ed è quindi anche per questo che i ‘due mondi di Demian’ sono importanti ed attuali e che

 «la morte ha un sapore amaro perché è nascita, angoscia e paura di un tremendo rinnovamento.» 



- Demian, psicanalisi e riconoscimento dell’io


Demian, pubblicato nel 1919 ma scritto nel 1917, è considerato il frutto più palese dell'interesse dello scrittore per la psicoanalisi come scienza e come strumento di riconoscimento dell'Io. In effetti, Demian rappresenta il primo tentativo cosciente dell'autore di staccarsi dalla formazione giovanile per passare ad una visione più cosciente dei benefici psicologici. Infatti qui, a differenza del suo primo libro Peter Camenzind, è presente un’idea che passa dal reale all’onirico e che altera il modo che hanno i personaggi di vivere l’esistenza (stesso processo che viene proposto in modo diverso ne Il lupo della steppa). Demian, alla luce della psicoanalisi, mette in contrasto la famiglia, l'infanzia, l'atmosfera rassicurante seppur rigida della casa, mentre il mondo oscuro si muove incontrollabile al di fuori. Hermann Hesse affronta con la stessa mentalità il cristianesimo: è a partire dall’ idea cristiana di bene e di male, spirito e materia, che Hesse affronta il recupero dell'altra metà del mondo, ciò che nel racconto è incarnato dalla figura di Abraxas e dalle considerazioni che Demian suggerisce al giovane Sinclair a proposito della storia di Caino, e poi ancora dalla parabola dei ladroni. Liberarsi dalla morale tradizionale significa, per Hesse, emanciparsi dal cristianesimo familiare e ricostituire una morale che tenga conto anche del demoniaco, del disumano. Così viene abolita la visualizzazione dei valori del bene e del male come entità separate, e da lì inizia la strada del risveglio.

«Tutte le religioni sono belle. Religione è come dire anima ed è indifferente se uno si accosta all'eucarestia cristiana o va in pellegrinaggio alla Месса», dirà poi il personaggio di Pistorius. 

Questo problema del contrasto e rinascita si pone in termini anche troppo chiari per essere veramente poetici: trovare sé stessi non nella strada dell'educazione, ma nella scoperta autonoma e solitaria del proprio divenire, che lui paragona alla lotta dell’uccello per uscire dal mondo.

 «La vita di ogni uomo è una via verso sé stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero». 

Ogni uomo è un progetto e un parto della natura, un tentativo solo accennato e mutabile; perciò, la lunga strada che porta alla morte fisica passa attraverso gli stadi dell’individuazione, ed in questo processo non esistono regole che valgano per tutti. Sinclair si chiede se non sia lecito, allora, persino uccidere. La risposta di Pistorius a questo proposito è: 

«Quando odiamo un uomo, odiamo nella sua immagine qualche cosa che sta dentro di noi. Ciò che non è in noi non ci mette in agitazione».

Uccidere una terza persona significa, quindi, uccidere se stessi. 

Il personaggio di Demian, ossia il demone di Sinclair, è appunto la forma che vuole giungere a compimento e che deve, a tal fine, interrompere i rapporti col passato o con tutto ciò che impedisce il suo libero sviluppo.

«Per la prima volta il mondo esterno concordava perfettamente con quello interiore».

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