top of page

NON TUTTI GLI DÈI MANGIANO AMBROSIA

Fin dall’antichità gli esseri

umani hanno sempre venerato

divinità onnipotenti, eterne ed

invisibili, in grado di premiare

e proteggere gli uomini

virtuosi e di punire

severamente coloro decidano

di non seguire i loro

comandamenti.

Quello che forse sfugge ai

nostri occhi è il fatto che non è

necessario spingersi fino al

Paradiso per incontrare queste

creature: è sufficiente osservare

l’Inferno che è il nostro

mondo. Gli dèi descritti nei

testi sacri ed i “semidei”

terrestri, infatti, differiscono

non tanto per le loro qualità,

quanto per i propri fini ultimi:

gli uni agiscono nell’interesse

della salvezza della specie

umana, gli altri perseguono

obbiettivi puramente

individualisti.

Gli dèi terrestri non si nutrono

di ambrosia, bensì del sangue

versato da quelli che, forse

dimenticati della loro natura

umana, non considerano più

come propri fratelli.

Proprio per questo passano il

tempo a diffondere i semi

dell’odio ovunque posino i loro

occhi e, dopo essersi assicurati

che germoglino rigogliosi, ne

colgono i frutti per conservarli

gelosamente.

Gli esseri umani non sono


dunque “una massa di dei

insoddisfatti” come li definisce

lo storico israeliano Yuval

Noah Harari nel saggio

“Sapiens: da animali a dèi”,

bensì una massa di uomini

comandati da altri più potenti.

Noi siamo i loro braccianti,

coltiviamo la terra fertile che

accoglierà i freddi semi della

discordia, e per non

soccombere al peso della

responsabilità di essere loro

complici deleghiamo le nostre

colpe a terze persone, alle

circostanze, agli dèi del

Paradiso. Dichiariamo di

torturare, uccidere e

massacrare nel loro nome,

mentre li trasformiamo in

bende scure da poggiare sugli

occhi per non vedere il caos e

la distruzione che abbiamo

generato.

Ed ecco che, una volta

scardinato il senso di colpa,

veniamo trascinati negli

ingranaggi del macchinario

letale che, forse senza

nemmeno rendercene conto,

abbiamo creato con le nostre

stesse mani.

Citando nuovamente Yuval

Noah Harari, probabilmente è

vero che noi comuni mortali

non sappiamo neppure in che

direzione stiamo andando, ma

di certo le creature dalle quali

siamo soggiogati hanno ben


chiaro il proprio obbiettivo:

arricchirsi a dismisura senza

badare ai costi in termini di

vite umane, possedere ogni

cosa fino ai confini

dell’Universo per poi spingersi

ancora oltre. Le centinaia di

migliaia di uomini, donne,

bambini ed anziani uccisi si

trasformano in semplici “effetti

collaterali”, morti necessarie

per raggiungere un obbiettivo

più grande. Intere esistenze

concentrate in un millilitro

d’inchiostro, intere famiglie

racchiuse in qualche riga, vite

spezzate due volte perché

dimenticate da tutti.

Non ci sarà alcuna speranza

fino a quando decideremo di

togliere la benda che abbiamo

calato sui nostri occhi per

sentire il peso del senso di

colpa nella sua interezza: non è

possibile redimersi senza aver

prima ammesso i propri errori

ed essersene pentiti.

Dobbiamo imparare a

riconoscere il nostro ruolo

attivo in questo processo, per

poter decidere di agire

diversamente.

Se il nostro destino è quello di

essere fatti ad immagine e

somiglianza di un dio,

facciamo almeno in modo che

non sia un essere malvagio.

 
 
 

Comments

Rated 0 out of 5 stars.
No ratings yet

Add a rating
bottom of page