NON TUTTI GLI DÈI MANGIANO AMBROSIA
- Martina Brancaccio
- 20 mar 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Fin dall’antichità gli esseri
umani hanno sempre venerato
divinità onnipotenti, eterne ed
invisibili, in grado di premiare
e proteggere gli uomini
virtuosi e di punire
severamente coloro decidano
di non seguire i loro
comandamenti.
Quello che forse sfugge ai
nostri occhi è il fatto che non è
necessario spingersi fino al
Paradiso per incontrare queste
creature: è sufficiente osservare
l’Inferno che è il nostro
mondo. Gli dèi descritti nei
testi sacri ed i “semidei”
terrestri, infatti, differiscono
non tanto per le loro qualità,
quanto per i propri fini ultimi:
gli uni agiscono nell’interesse
della salvezza della specie
umana, gli altri perseguono
obbiettivi puramente
individualisti.
Gli dèi terrestri non si nutrono
di ambrosia, bensì del sangue
versato da quelli che, forse
dimenticati della loro natura
umana, non considerano più
come propri fratelli.
Proprio per questo passano il
tempo a diffondere i semi
dell’odio ovunque posino i loro
occhi e, dopo essersi assicurati
che germoglino rigogliosi, ne
colgono i frutti per conservarli
gelosamente.
Gli esseri umani non sono
dunque “una massa di dei
insoddisfatti” come li definisce
lo storico israeliano Yuval
Noah Harari nel saggio
“Sapiens: da animali a dèi”,
bensì una massa di uomini
comandati da altri più potenti.
Noi siamo i loro braccianti,
coltiviamo la terra fertile che
accoglierà i freddi semi della
discordia, e per non
soccombere al peso della
responsabilità di essere loro
complici deleghiamo le nostre
colpe a terze persone, alle
circostanze, agli dèi del
Paradiso. Dichiariamo di
torturare, uccidere e
massacrare nel loro nome,
mentre li trasformiamo in
bende scure da poggiare sugli
occhi per non vedere il caos e
la distruzione che abbiamo
generato.
Ed ecco che, una volta
scardinato il senso di colpa,
veniamo trascinati negli
ingranaggi del macchinario
letale che, forse senza
nemmeno rendercene conto,
abbiamo creato con le nostre
stesse mani.
Citando nuovamente Yuval
Noah Harari, probabilmente è
vero che noi comuni mortali
non sappiamo neppure in che
direzione stiamo andando, ma
di certo le creature dalle quali
siamo soggiogati hanno ben
chiaro il proprio obbiettivo:
arricchirsi a dismisura senza
badare ai costi in termini di
vite umane, possedere ogni
cosa fino ai confini
dell’Universo per poi spingersi
ancora oltre. Le centinaia di
migliaia di uomini, donne,
bambini ed anziani uccisi si
trasformano in semplici “effetti
collaterali”, morti necessarie
per raggiungere un obbiettivo
più grande. Intere esistenze
concentrate in un millilitro
d’inchiostro, intere famiglie
racchiuse in qualche riga, vite
spezzate due volte perché
dimenticate da tutti.
Non ci sarà alcuna speranza
fino a quando decideremo di
togliere la benda che abbiamo
calato sui nostri occhi per
sentire il peso del senso di
colpa nella sua interezza: non è
possibile redimersi senza aver
prima ammesso i propri errori
ed essersene pentiti.
Dobbiamo imparare a
riconoscere il nostro ruolo
attivo in questo processo, per
poter decidere di agire
diversamente.
Se il nostro destino è quello di
essere fatti ad immagine e
somiglianza di un dio,
facciamo almeno in modo che
non sia un essere malvagio.
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