È sempre più palpabile la tensione
causata da una radicalizzazione delle
masse sempre più acuta: i partiti di
centro-destra si spostano agli estremi e,
quelli di sinistra, non mancano di fare
altrettanto (parlando in generale, che sia
chiaro).
Ma vi siete mai chiesti il perché di questi
spostamenti verso gli estremi? E,
soprattutto, sono qualcosa di
temporaneo?
Si è visto come nella storia, in numerose
occasioni, i sentimenti politici di
estremismo sono nati in momenti critici,
durante i quali le masse non si sentivano
riconosciute dai governi formati da
genti spesso provenienti da élite
economico-politiche o quant’altro; a
causa di queste mancanze di rispetto, il
popolo poi ricorreva a manifestazioni
spesso violente, rivoluzioni, prese di
potere, colpi di stato e così via.
Penso che la maggior parte della gente
abbia sentito dire, anche per caso, sui
social la frase in inglese “Hard times
make strong men, strong men make
good times, good times make weak men
and weak men make hard times”, ciò
implica una certa ciclicità di questi
avvenimenti polarizzanti e, dunque,
sarebbe corretto vedere, per lo meno nel
limite dell’ultimo secolo, se questa
argomentazione sia in grado di reggere
un esempio tanto celebre come il ‘900: il
secolo scorso, infatti, si avvia con una
popolazione in declino che presta poca
cura alle generazioni giovani non
neonate (le stesse che verranno decimate
dalla 1a guerra mondiale), oltre al fatto
che l’aria è talmente pesante in Europa
che si fa fatica a respirare. Nel 1914,
scoppia il primo conflitto: nell’arco di
quattro anni muoiono 19,5 milioni di
persone tra civili e militari, un numero
che verrà drasticamente incrementato
dalla grande depressione, aggiungendo
altri 10 milioni di decessi. Dunque, si
vede passare un periodo a dir poco duro
e buio nella storia del genere umano che
segna il primo blocco del detto citato in
precedenza.
Il secondo decorre verso l’inizio degli
anni ‘30 con l’elezione del governo
nazional-socialista in Germania del ‘33
e il successivo incendio al Reichstag,
circostanze che porteranno ad un
riconoscimento internazionale del
bisogno di solidarietà, unione e forza. 2
settembre 1939: gli alleati dichiarano
guerra a Hitler. In sei anni altri milioni
di perdite di vite (circa 100 milioni,
contando anche quelle civili) si
aggiunsero ad un valore già straziante.
1945: il secondo blocco del nostro detto
si conclude con il termine del secondo
conflitto, portando i tanto aspettati
“Good times”, che dureranno fino al
1975, un periodo lungo tanto da
meritare di esser denominato “I gloriosi
trenta”.
Il quarto e ultimo capitolo decollerà
proprio nel 1975, con le economie
mondiali ormai incapaci di crescere,
specie se paragonate alle loro stesse
difficoltà dell’immediato dopoguerra.
C’è da dire che alcuni pensano che
invece il quarto blocco sia da collocare a
partire dal 2008, in coincidenza con il
crollo del mercato immobiliare e la
svalutazione del dollaro come
conseguenza, limitando l’egemonia
economica americana nel mondo; altri
ancora, invece, ritengono che questo
periodo stia solo aspettando di finire la
sua già vecchia storia di declino.
Dopo tutto questo vi domanderete: “Ma
questo cosa dovrebbe avere a che fare
con la radicalizzazione?”. La ragione è
semplice: durante il secondo blocco,
avviene la famosa perdita del potere
popolare e si entra in questo circolo
vizioso in cui il consenso e il supporto
popolare sono fondamentali, ma la sua
ingerenza è talmente insignificante che
non viene tenuta in considerazione. Nel
primo dopoguerra vediamo, infatti,
molti partiti radicali che cominciano a
farsi strada nelle politiche internazionali
con il partito fascista, il partito nazista, i
partiti legionari di Romania e Bulgaria,
gli Unio-fascisti Britannici e i
movimenti che daranno il via a delle
vere e proprie guerre civili, come quello
falangista in Spagna. Tutti questi partiti
ottennero un supporto imprevedibile
grazie non solo alla loro propaganda,
quanto all’incompetenza dei governi
democratici di quegli anni, come, per
esempio, quello del ministro inglese
Chamberlain, che si è dimostrato
incapace di bilanciare governo e popolo,
economia e diritti, pace e guerra. Per via
di promesse, seppur false, di gloria e di
una vita migliore, in un mondo di
incertezze, le masse si mossero a favore
di colui che svolgeva la migliore
campagna propagandistica, il quale era,
nella maggior parte dei casi, un partito
estremista. Questa tipologia di politica
non necessita della cooperazione con
l’opposizione e raramente si assumerà le
proprie responsabilità, preferendo
colpevolizzare le scelte dei partiti
nemici, potenziando così la propaganda
a proprio vantaggio.
Parlando del mondo moderno, e più
specificamente dell’Europa democratica,
la radicalizzazione, rispetto al passato, è
data da problemi più sociali che
economici. Una tematica che da qualche
anno è argomento quotidiano è
l’immigrazione, facilmente sfruttabile sia
dalla destra che dalla sinistra per far leva
sulla paura razziale o sull’empatia
ipocrita della gente. Sta di fatto che, in
un mondo in cui le differenze tra
persone in ambito politico sembrano
insuperabili, serve ricordare che le
potenze avverse politicamente (come
Atene e Sparta) non hanno mai concluso
le loro guerre con vincitori, bensì solo
con la completa distruzione reciproca e
la rovina della civiltà comune che
avrebbero dovuto proteggere, in quanto
egemoni di essa.
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