TEMA SUL FILM DI PAOLA CORTELLESI “C’È ANCORA DOMANI”
- Matilde Manfredi
- 20 mar 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Io e mio padre abbiamo una tradizione che portiamo avanti da anni: il sabato sera lo passiamo sul
divano, con del cibo “spazzatura”, a vedere i nostri film fantasy e d’azione preferiti. Mi sento serena ed
è un momento in cui spengo la testa e mi rilasso, perché mi riporta alle sere di quando ero piccola e
obbligavo i miei genitori a guardare i film delle principesse Disney. Andare al cinema, però, è tutta
un’altra cosa: mi sento piano piano sprofondare nella poltrona e mentre pesco dal mio secchiello una
manciata di pop-corn, vengo teletrasportata in un altro mondo e così è successo con il film di Paola
Cortellesi, “C’è ancora domani”. Per la prima volta nella mia vita, non ho detto neanche una parola
durante tutta la riproduzione della pellicola.
Credo che il film abbia avuto un enorme successo perchè Cortellesi è riuscita a esprimere con estrema
delicatezza ed eleganza quello che le donne sono ormai abituate a subire da secoli. Sono rimasta
colpita dalla leggerezza con cui ha dipinto attimi di violenza, dalle battute sarcastiche dette spesso e
volentieri in momenti tragici e dall’attenzione prestata a ogni singola dettaglio .
Nel 2021 ho iniziato a interessarmi al femminismo, alla violenza e parità di genere: ho letto libri, fatto
interviste e visto film e documentari, ma quello che mi ha trasmesso “C’è ancora domani”, non me l’ha
mai trasmesso niente o nessuno.
Non è facile parlare di violenza, eppure in questo film viene dipinta in modo così nitido, che mi è
venuta in mente una una citazione: “Te’ però sei in tempo”, “Pure te ma’”. Forse Marcella ha ragione,
forse siamo ancora in tempo per cambiare o forse, si può dire che non è mai troppo tardi.
La scena che mi ha colpito di più è stata quella finale: Delia fa di tutto per non farsi scoprire dal marito
e nella fretta del momento, dimentica i documenti a casa ma fortunatamente, proprio quando la
protagonista sembra essere presa dallo sconforto, Marcella glieli porta. Madre e figlia non si dicono
niente, ma parlano con gli occhi. E’ in quel momento che ho ripercorso con la mente tutto il film:
nella Roma del Dopoguerra, una famiglia cerca di andare avanti facendo lavoretti qua e là, giusto per
racimolare qualche soldo in più per pagare la luce. Delia è sottomessa al marito Ivano che la picchia,
mentre la figlia più grande, Marcella, si prende cura dei due fratelli minori e si preoccupa per il suo
fidanzamento con Giulio. La vita sembra essere con le due donne di famiglia e Delia, riconoscendo di
aver commesso un errore sposando Ivano, cerca di proteggere Marcella, che continua a criticare la
madre per non ribellarsi. Ma proprio quando tutto sembra andare in fumo, ecco che a Delia si presenta
un’occasione di riscatto che non si lascia scappare.
Così ho realizzato che questo era il finale migliore che il film potesse avere: Delia finalmente fa
qualcosa che sceglie lei, qualcosa che desidera e che la fa sentire libera. Il finale però, potrebbe risultare
un punto debole del film. Ascoltando pareri contrastanti di amici e parenti, sembra quasi che Delia
debba partire con Nino, quindi il fatto che che lei vada a votare invece di seguire il suo grande amore
potrebbe essere poco chiaro.
Lo riguarderei altre mille volte perché credo che potrei sempre imparare qualcosa e soprattutto potrei
capire ancora di più che un'insufficienza in matematica o un compito consegnato in ritardo non mi
rovineranno di certo la vita, semmai la distruggerebbe un uomo violento.
Penso che il film possano, anzi, debbano vederlo anche le mie coetanee e coetanei, perché ci fa
realizzare quali sono le cose importanti della vita.
Non è mai troppo tardi per cambiare ed essere una persona migliore, d’altronde, “c’è ancora domani”.
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