Ormai è un’usanza comune partire per almeno una vacanza durante i mesi estivi. Ovviamente c’è chi può permettersi addirittura viaggi in altri paesi o continenti e chi si limita a visitare i familiari nel proprio luogo di origine ma, bene o male, anche se per un breve periodo, al giorno d’oggi si riesce a passare del tempo lontani da casa e recarsi in un posto diverso da essa.
Invece, nelle epoche passate, ovviamente non era così: non era neanche contemplata l’idea di viaggiare per piacere o per voglia di scoprire nuove realtà, anche perché la maggioranza ovviamente non ne aveva la possibilità.
Il concetto di turismo nacque infatti solo nel XVIII secolo, grazie alla diffusione del ‘Grand Tour’, usanza vicina a noi più di quello che pensiamo.
Il ‘Grand Tour’ consisteva in un giro turistico principalmente in Francia e Italia, intrapreso dai giovani dell’aristocrazia europea al fine di arricchire il proprio bagaglio culturale. Questa usanza si perse durante il periodo della rivoluzione francese, ma ritornò in voga durante la restaurazione.
Durante queste visite i ragazzi, accompagnati solitamente da un tutore, facevano acquisti di vestiti e opere d’arte, ed era usanza comune commissionare un proprio ritratto ai pittori famosi di quel momento.
Molti personaggi di rilievo compirono questo viaggio per l’Europa: Mary Shelley, scrittrice del romanzo "Frankenstein", volle fermarsi a Como per ben due mesi, incantata dal suo paesaggio montuoso.
Anche Goethe rimase stupefatto dalla meraviglia delle città italiane, tanto da trascrivere la propria esperienza nel famoso libro “Italienische Reise”.
Come già accennato, però, non era un tour esclusivamente della nostra penisola, ma comprendeva anche altri paesi.
La maggioranza dei nobili che intraprendevano questo viaggio erano inglesi, i quali giungevano a Calais dopo aver attraversato la Manica.
Da Calais poi si dirigevano a Parigi, considerata una delle città più sofisticate d’Europa: qui infatti usavano ricrearsi interamente il guardaroba con abiti francesi, e solo dopo aver imparato le usanze ed i costumi del posto potevano compiere il proprio debutto in società.
Dopo Parigi solitamente si fermavano ancora a Digione, Lione e Marsiglia, per poi arrivare in Italia.
La prima città italiana che si visitava era Verona, dove i turisti potevano ammirare l’arena, la prima rovina che incontravano. Persino Goethe rimase stupefatto dalla bellezza di questa struttura di origine romana. Continuando a visitare il Veneto si giungeva a Venezia, dove il poeta inglese Byron visse per circa tre anni (addirittura sembra che sia stato proprio lui a dare il nome al famoso “Ponte dei sospiri”!).
Altra tappa importantissima era ovviamente Firenze, culla del rinascimento, dalla quale poi giungere a Roma, città capace di ammaliare i giovani aristocratici per via della sua imponenza e bellezza.
Alcuni decidevano di fare una tappa anche a Napoli, per visitare gli scavi di Pompei (riscoperti nel 1748) e vedere particolari fenomeni naturali come l’attività vulcanica.
Per ultima, ma non per importanza, raggiungevano la Sicilia: questa era un’ottima alternativa alla Grecia, in quanto più comoda e meno rischiosa, poiché la penisola greca a quel tempo era sotto il dominio turco.
Insomma, il ‘Grand Tour’ permetteva ai giovani curiosi dell’alta società di conoscere nuove culture, ed è proprio per questa ragione che l’usanza di viaggiare è arrivata fino a noi e non si è mai persa e che noi continuiamo a visitare nuovi luoghi e ad entrare in contatto con altre mentalità, ovviamente in base alle nostre possibilità.
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