Il 15 marzo è la giornata internazionale di
prevenzione ai disturbi del comportamento
alimentare e, per questa occasione, sono riuscita a
raccogliere le testimonianze di alcune ragazze che sono
uscite dall’anoressia. Non tutte si sentivano a loro agio
con questo grande tipo di esposizione - come è anche
giusto che sia - quindi ad alcune di loro ho dato un nome
fittizio per l'intervista; coloro che non volevano restare
nell'anonimato hanno lasciato alla fine dell'intervista il
loro profilo Instagram. Sperando che questo articolo possa
portare un briciolo di speranza a qualcuno, vi auguro una
buona lettura.
Come ti chiami?
C: Chiara
S: Sofia
V: Viola
Eli: Elisa
A: Arianna
Ele: Eleonora
Qual è la cosa che ti è mancata di più durante il tuo
dca?
C: Il calore dell'abbraccio di mia mamma che io
respingevo.
S: Il rapporto con mia sorella.
V: La libertà di scegliere.
Eli: La concentrazione, la forza di affrontare anche le
semplici azioni quotidiane.
A: Vivere. Parlo di vita perché i disturbi alimentari ti
tolgono tutto, dal tuo sorriso fino a vivere una vita come
si deve. Durante il mio disturbo alimentare non stavo
vivendo..stavo letteralmente sopravvivendo. Non si può
parlare di vita quando non hai la possibilità fisica di fare le
cose che fanno gli altri, quando ti privi di uscire, pranzi
ecc. Mi è mancato avere un buon rapporto con le persone
che mi stavano intorno, cercando di aiutarmi anche se per
me (o meglio per la malattia) erano soltanto nemici da
sconfiggere perché la malattia è più forte...no? No, non è
così, bisogna fidarsi delle persone che ci circondano
perché in quel momento io non ero lucida...sotto la
maschera dell’anoressia.
Ele: Lo sport.
C’è qualcosa che avevi paura sarebbe successo
guarendo che invece non è successo?
C: Avevo paura di perdere le persone che mi volevano
veramente bene.
S: Avevo paura di non essere più presa in considerazione
e di non ricevere più le tantissime attenzioni che mi sono
state date quando ero malata.
V: Che tutti mi avrebbero considerata debole e nessuno
mi avrebbe guardata.
Eli: Mi terrorizzava l’idea di stare bene perché se stavo
bene ed ero felice mi autosabotavo e pensavo che potesse
succedere di nuovo qualcosa di brutto.
A: Paradossalmente pensavo che una volta guarita, gli
altri mi avrebbero vista in maniera critica. Spesso mi
sento ancora adesso criticata, ma in quel momento avevo
paura di uscire dalla “comfort zone” dell’anoressia , una
specie di bolla che pensavo mi proteggesse. In realtà ho
scoperto, tornando a riassaporare la vita, che quella bolla
che tanto amavo non era altro che un mostro crudele che
stava cercando di uccidermi. A quel punto, ho deciso di
essere più forte io e di sconfiggerlo, pasto dopo pasto,
cercando sempre di essere più forte di lui.
Ele: Essere giudicata in base al fisico.
Qual è stata la parte più difficile del processo di
recovery?
C: Il combattere contro il mio cervello perché non voleva
farmi assumere le calorie necessarie.
S: Prendere peso sicuramente e vedere le gambe
“allargarsi”, sopportare il periodo in cui tutto il corpo si
gonfiava e aspettare che il peso venisse distribuito
equamente in tutte le parti (cosa che ovviamente poi è
avvenuta).
V: Decidere di farlo e accettare l’aumento del peso.
Eli: Per me è stato il percorso psicologico quindi il vero e
proprio confronto tra me e i miei pensieri.
A: Accettare che il mio corpo sarebbe cambiato e poi
rendersi conto che i vestiti che mettevo quando stavo male
non mi entravano più.
Ele: Accettare il cambiamento del proprio corpo.
Dimmi un motivo per guarire che è stato importante
per te.
C: Andare ai concerti dei ragazzi che mi hanno salvato la
vita.
S: Creare un’autonomia che non avevo mai avuto prima e
che sognavo fin da piccola: ora ho 21 anni, frequento
l’università e abito da sola in una città lontano dalla mia
famiglia.
V: Poter viaggiare, andare in università, fare sport perché
piace e non per ossessione, sentire le emozioni.
Eli: Uscire, provare emozioni, non essere chiusa in 4 mura
di una stanza di ospedale.
A: Io ho perso tutto, ma quando sono guarita mi sono resa
conto che la vita che si crede di fare durante il disturbo
alimentare non si può chiamare vita. Sono tornata a uscire
con i miei amici, a divertirmi, ad avere la forza di andare a
ballare senza cadere per terra o addormentarmi perché
esausta. Sono tornata ad avere una vita sentimentale che
spesso non viene citata parlando di dca ma anche quella
viene meno. Ho la forza di andare al parco e fare sport in
maniera sana e non senza controllo. Ho la forza per
studiare, che nel pieno dell’anoressia era venuta meno in
quanto non ero in salute. Insomma sono tanti i motivi,
talmente tanti che andrei avanti ancora. Mi preme
specificare che la vita che ci è stata donata è una sola...ed è
molto preziosa, vale davvero la pena “buttarla” via e
sprecarla?
Ele: Tornare a viaggiare e a fare sport.
C’è qualcosa che vuoi dire a chi è ancora dentro il
disturbo?
C: Nulla vale quanto una pizza condivisa con gli amici
dopo una serata in discoteca o come un pranzo in famiglia
per festeggiare il tuo compleanno.
S: Il cibo è solamente l’unica modalità che abbiamo per
sopravvivere: sta a te decidere se iniziare a Vivere
veramente o continuare a dipendere da un “semplice”
carburante. C’è così tanta bellezza al mondo! Abbi il
Coraggio di guardarla negli occhi.
V: Fidatevi e affidatevi. Non ascoltate la vostra testa,
davvero. Non sa cosa è meglio per voi in questo momento.
Eli: Non abbiate paura a parlarne, piuttosto fatelo con un
amicə o unə psicologə perché so che è difficile parlarne con
i genitori, ma tenendo tutto dentro starete sempre peggio.
A: Vorrei dire a tuttɜ quantɜ che dovete cercare di amarvi e
trattarvi bene quanto lo fareste con gli altri...sembra una
banalità ma vederla con questa ottica mi ha onestamente
aiutato a rendermi conto di quanto male mi stessi facendo.
Inoltre fidatevi, per favore, di chi vi sta vicino, ve lo giuro
che è per il vostro bene.
Ele: Si può uscirne.
Qual è la cosa migliore che hai guadagnato guarendo?
C: La fiducia dei miei genitori.
S: Ho imparato a vedere la fragilità delle persone e
comprenderla a fondo; tutti soffrono e hanno qualcosa
dentro che scava fino alle radici, ma solo alcuni riescono a
sputare questo Male: l’anoressia mi ha insegnato a prendere
per mano le persone e a parlare loro piano piano. Il dolore
che riversano fuori è semplice liberazione, e come loro
anche io - ancora oggi - addomestico ciò che mi fa soffrire.
V: Tantissimi momenti di felicità. Non che siano tutti
momenti felici quelli dopo la guarigione, ma la malattia
non permette di averne proprio.
Eli: Forza, coraggio, un pochino di autostima e sicurezza in
me.
A: Il sorriso e fare una vita normale da adolescente, amare.
Ele: Energia.
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