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Siamo state amate e odiate, adorate e rinnegate, baciate e bruciate, solo perché donne

Matilde Manfredi

Il 31 luglio di quest'anno, insieme alle mie amiche, ho trascorso un pomeriggio sotto il caldo torrido di Milano. Abbiamo scherzato, riso e ci siamo prese in giro, senza mai abbracciarci però, vi assicuro che il calore era davvero insopportabile. Quello stesso pomeriggio dovevo incontrare mia mamma in Duomo, così 

dopo aver finito di pranzare, mi sono diretta verso la fermata della metro verde per cambiare con la gialla. Ho notato un ragazzo della mia età seguirmi già da un paio di fermate. Inizialmente non mi sono preoccupata, ma ben presto l'ansia e il batticuore hanno preso il sopravvento, ho velocizzato il passo e ho cercato le scale mobili più affollate. Ho cominciato a stringermi nervosamente la borsa al petto, mentre continuavo a toccarmi i capelli e ad accendere il telefono per l'ansia. In tutto questo, cercavo anche di abbassarmi il vestito che indossavo, che a ogni passo si alzava di qualche ho velocizzato il passo e ho cercato le scale mobili più affollate. Ho cominciato a stringermi nervosamente la borsa al petto, mentre continuavo a toccarmi i capelli e ad accendere il telefono per l'ansia. In tutto questo, cercavo anche di abbassarmi il vestito che indossavo, che a ogni passo si alzava di qualche  millimetro. Prima di uscire di casa avevo addirittura 

pensato più volte alla scelta di quell'outfit, ipotizzando che forse era inadatto, ma poi mi sono detta: “che cavolo, fa caldo e mi vesto come mi pare!”. Solo una volta arrivata alla banchina della metro gialla ho trovato il coraggio di affrontarlo: "Se non te ne vai, chiamo la polizia." Lui ha fatto marcia indietro come se niente fosse, sistemandosi il cappellino finto Gucci, mentre io cercavo di elaborare quanto appena accaduto. Non mi ha rivolto la parola mi ha sfiorata, eppure sono rimasta comunque scossa e infastidita

Questa esperienza mi ha fatto riflettere: se mi sono spaventata per un semplice "inseguimento, non oso immaginare come avrei reagito a qualcosa di più grave. E questo mi riporta all'argomento di oggi, che ho evitato nella scorsa edizione perché come ogni anno, mi ritrovo avvilita e frustrata nel non avere parole, forse perchè ho paura di risultare banale e anche perchè nutro la speranza che un giorno non se ne debba più parlare: il 25 novembre

Questo giorno segna una data cruciale nel calendario globale: è la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, un'occasione per riflettere su una realtà inaccettabile. Nonostante i progressi nella lotta per i diritti delle donne, la violenza di genere continua a perseguitare milioni di donne tutti i giorni. E mentre il mondo sembra produrre soluzioni" superficiali come appendere poster di avvertimento o lanciare campagne spot - la verità è che servono cambiamenti radicali e un impegno collettivo

Le statistiche parlano chiaro e non lasciano spazio a illusioni: secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 1 donna su 3 ha subito violenza fisica e/o sessuale nel corso della propria vita. In Italia, il 31% delle donne ha vissuto molestie. E allora, perché continuare a far finta di niente? Dopotutto, il caffè è caldo, le bollette sono alte, e la violenza di genere è solo un'altra voce da aggiungere alla lunga lista delle cose da risolvere

Magari basterebbe un reality show per sensibilizzare, come "Chi vuole sposare un violento?- un titolo provocatorio che rispecchia un'atroce realtà

Immaginiamo un mondo in cui ogni donna possa camminare per strada senza timore. Un sogno, certo! Ma perché non provare a renderlo realtà? La verità è che non possiamo più trattare la violenza di genere come un problema fastidioso da affrontare solo un giorno all'anno. Perché non considerarla un crimine contro l'umanità? E parliamo di responsabilità: quando avviene un crimine, perché si analizza sempre il "comportamento" della vittima? "Ehi, se indossi una minigonna, preparati a ricevere sguardi!" Ma che logica è questa? Dovremmo piuttosto chiederci: "Perché pensiamo sia accettabile molestare?

È tempo di trasformare la frustrazione in azione. Organizzare eventi e flash mob è importante, ma senza un impegno reale, è come mettere un cerotto su una frattura La vera sfida è educare le nuove generazioni, non solo a dire "no", ma a far che "no" significhi realmente "no" e coinvolgere gli uomini è fondamentale. Dovremmo lanciare iniziative che incoraggino un dialogo aperto e sincero, come "Porta un uomo, scambia una battuta" o "Un mese senza battute maschiliste". Immaginate un mondo in cui la comunicazione è libera da commenti inopportuni e dove le battute non sono mai a spese di qualcun altro

E parliamo dei media! La narrazione della violenza di genere è spesso simile a una soap opera: i drammi si accu- -mulano, ma le soluzioni sembrano un finale aperto. È tempo di cambiare questa narrazione. Invece di concentrarci solo sulla vittima e sul carnefice, iniziamo a raccontare le vere cause. "Come uccidere uno stereotipo in 10 mosse" potrebbe essere il titolo perfetto. I media hanno la responsabilità di rompere il ciclo, di svelare le narrazioni tossiche e di promuovere modelli di comportamento sani

In un'epoca in cui un hashtag può scatenare un movimento, perché non utilizzarli per lanciare una campagna virale contro la violenza? Ma attenzione: un hashtag da solo non basta. Serve un impegno attivo e costante da parte di tutti noi. 

È fondamentale ricordare che dietro ogni statistica c'è una vita, un sogno, una storia. Immaginate per un momento il dolore, la paura e la solitudine che le donne provano. Questo non è solo un problema sociale; è un'emergenza umanitaria che richiede la nostra attenzione e il nostro intervento

La Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne non è solo 

un giorno di lutto; è un'occasione per reclamare il diritto di ogni donna a vivere in sicurezza e dignità. E, a proposito, se non ora, quando? Se non noi, chi? Ammettiamolo: continuare a chiudere gli occhi è il modo migliore per rimanere al buio. Facciamo in modo che il 25 novembre non sia solo un giorno di riflessione, ma un punto di partenza per un cambiamento reale. Alziamo la voce e facciamo la differenza, prima che ci serva un altro giorno per riflettere... o un altro hashtag virale. Ogni donna merita di sentirsi al sicuro, e sta a noi fare in modo che questo diventi una realtà, ogni giorno dell'anno. La verità però, è che chiediamo giustizia per le donne, ma sembra che alcuni preferiscano applaudire il silenzio piuttosto che affrontare il rumore della realtà.

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